Mamma torna a casa è la storia di una bussola che avevi in tasca e di un Nord che hai sempre cercato.
È il racconto delicato di una perdita che è così grande da essere quasi impercettibile, un altro modo di stare al mondo. È la delicata vicenda di un uomo e di un bambino che scambiano la realtà con l’immaginazione e la consapevolezza con la pazzia. È un racconto che ti capisce e non ti consola, per chi ha il cuore annebbiato e per chi è cresciuto in fretta.
Il grande pregio della graphic novel Mamma torna a casa è quello di mettere a nudo un dolore con semplicità, ed è anche quello di conciliare forza e debolezza, di una leggerezza disarmante.
Di parole ce ne sono poche, ma bastano le immagini sospese, i colori, le maschere e il titolo.
Ci si sente sopraffare come quando, persi in un ricordo, si realizza all’improvviso che non si può tornare indietro.
Una domanda ricorre spesso (nel testo): dove sei? Alla quale poi si aggiunge (nella tua testa): e tu dov’eri?
Tu non sapevi nemmeno di avercela la bussola.