Di Emanuela Pugliese.
L’autunno è iniziato da poco. Avendo ancora il fine settimana libero da verifiche e compiti da correggere, decido di lasciare per qualche ora il Nettuno e di prendere il treno per Ferrara dove, da qualche giorno, si stanno svolgendo incontri e conferenze su tematiche di attualità dal respiro mondiale, in occasione del festival dell’Internazionale.
Sul treno, mentre attraverso la bassa Pianura Padana, mi vengono subito in mente le scene di alcuni film di Michelangelo Antonioni: un viaggio fatto di immagini e suggestioni incantevoli, per una cinefila come me. Scendo dal treno. Approdo. Il clima che si respira è effervescente, con i giovani e il rumore delle biciclette sui ciottoli, a due passi dal Castello Estense. È innegabile: qui, tutto è magico. Quando si arriva a Ferrara, si ha subito la sensazione di essere immediatamente catapultati nel Cinquecento: un vero e proprio tuffo nel Rinascimento italiano. Una sensazione che diventa subito realtà proprio nel momento in cui mi ricordo che, oltre al festival della nota rivista, presso il Palazzo dei Diamanti – così chiamato per i suoi 8500 blocchi di marmo bianco a forma di diamante – è stata allestita una mostra per celebrare i 500 anni di uno dei capolavori della letteratura mondiale: l’Orlando furioso di Ludovico Ariosto. Non ci penso due volte. Compro il biglietto. Entro. È come penetrare nel cuore pulsante del poema.
La ricerca dell’oggetto del desiderio è la tematica che sta alla base della struttura dell’opera e che si evince a inizio percorso: ogni personaggio si muove verso un’unica direzione, intrecciando la propria vita e la propria ricerca con quelle degli altri personaggi. Una ricerca incessante che crea una trama complicata e quasi impossibile da seguire e che, per questo motivo, è stata sapientemente ricostruita in una delle sale del palazzo.
La mostra non è solo uno studio vero e proprio, ma è soprattutto una scoperta dei temi principali che hanno ispirato l’Ariosto in ogni campo del sapere: dalla pittura alle scienze, dalla mitologia alle credenze di popoli di epoche lontane e fantastiche, di cui Ariosto e la corte degli Este ne subivano il fascino.
Vi segnalo alcune “chicche” che, a mio avviso, lasciano il visitatore con il fiato sospeso: l’Olifante, ovvero il magico corno d’Orlando, risalente all’XI secolo, interamente in avorio; la Venere pudica (1485-90), olio su tavola trasferita su tela, di Sandro Botticelli; Minerva che scaccia i Vizi dal Giardino delle Virtù (1497-1502), tempera su tela, opera allegorica necessaria per capire la concezione dell’esistenza nel XV secolo; il caotico e maestoso arazzo raffigurante La battaglia di Roncisvalle (1475-1500) e, chiaramente, la prima edizione del Furioso, proprio quella che vide le stampe nel 1516, e che oggi celebriamo.
Se avete voglia, o meglio desiderio, di vedere «cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi», di scoprire il mondo dei poemi cavallereschi, non vi resta che andare a Ferrara. Avete tempo fino all’8 gennaio 2017.
E, se è vero che «la letteratura è una difesa contro le offese della vita» – come diceva Pavese – ne trarrete solo dei benefici.