In questo finalmente freddo autunno mi sono dedicata al decluttering (in parole povere ho deciso di liberarmi degli scatoloni di ciarpame accumulati nel corso dell’ultima decade e più). Tra l’immondizia ho però trovato qualcosa di prezioso, il forse unico esemplare rimasto intatto del giornalino del laboratorio di scrittura creativa del mio liceo e ho ripensato con tenerezza al ruolo fondamentale che quei pomeriggi, trascorsi a scrivere e a condividere con la purezza e l’ingenuità di una sedicenne, hanno svolto nella mia formazione.
Ho ricontattato Daniela Negri, la mia insegnante, e con l’ingenuità di una quasi trentenne le ho chiesto che magico mondo si nascondesse dietro ai suoi corsi.
Laureata in Lettere e specializzata in analisi del testo e tecniche narrative, Daniela è autrice e insegnante nella scuola statale. Tiene laboratori presso il centro culturale San Clemente di Brescia e la storica libreria e casa editrice Serra Tarantola. Organizza reading che lei stessa definisce divertenti ma puntuali.
Intervista a Daniela Negri
- Una domanda di rito, generica e generale, con la consapevolezza che nel campo non possa esistere una strada univoca. Come si diventa insegnanti di scrittura creativa? Quale è stato il tuo percorso?
Il mio percorso in merito alla scrittura creativa è stato determinato dal desiderio di approfondire, studiando, alcune dinamiche legate alla scrittura stessa. Prima di parlare di scrittura, però, per me è stata determinante l’analisi del testo. Analizzare, riflettere sui vocaboli, sulle soluzioni linguistiche adottate, sulle sequenze narrative e su tutto ciò che riguarda, appunto, il testo. A volte, come un detective, scovo le incongruenze, le contraddizioni, le dimenticanze e gli errori presenti oggi in moltissimi romanzi. Un vero delirio in cui (e qui utilizzo le parole di Schopenhauer), la sovrabbondanza di parole e soluzioni narrative errate, nasconde spesso il vuoto che alberga nella mente dello scrittore. Partire dunque dai testi, dall’analisi dei medesimi, per tornare ad essere lettori consapevoli e, qual passaggio successivo per chi ama scrivere, divenire scrittori consapevoli. Saper usare i vocaboli e le strutture linguistiche per raccontare una storia. Una domanda che spesso mi pongono è la seguente: Che cosa raccontiamo oggi, dal momento che abbiamo narrato tutto o quasi? La risposta che do a simile quesito è la seguente: importante è come scriviamo, che taglio diamo, quali sequenze e come le “montiamo”, le parole che utilizziamo. Questo farà la differenza tra un buon testo e uno mediocre o pessimo. Ho iniziato nel 2000, in un istituto tecnico statale e così per provare e soprattutto per cercare di convincere gli alunni (con alcuni sono ancora in contatto), che scrivere non era poi così male, ho proposto degli esercizi di scrittura creativa. Naturalmente ho scritto con loro, così come scrivo sempre con le persone che partecipano ai miei laboratori. Il successo, diciamo, immediato. Amavano scrivere, confrontarsi, condividere. Da quell’anno scolastico in poi, ho sempre ritagliato dall’orario, un’ora di scrittura e vedo costantemente quanto sia utile e formativa.
- Recentemente mi sono imbattuta in un contenuto web, onestamente privo di mordente, intitolato 10 buoni motivi per non iscriversi ad un corso di scrittura creativa. Tra i vari punti solo uno, che riportava una citazione di Benedetto Croce, mi ha colpito. «Si ode spesso taluni asserire di avere in mente molti e importanti pensieri, ma di non riuscire a esprimerli. In verità, se li avessero davvero, li avrebbero coniati in tante belle parole sonanti, e perciò espressi. Se, nell’atto di esprimerli, quei pensieri sembrano dileguarsi o si riducono scarsi e poveri, gli è che o non esistevano o erano soltanto scarsi e poveri». Un tuo commento? Che tecniche prediligi per aiutare chi segue i tuoi corsi a dare voce ai propri pensieri? Sarebbe d’altronde ipocrita negare il fatto che chi frequenta un corso di scrittura creativa abbia più o meno segrete velleità artistiche. È però matematicamente impossibile che chiunque allo stesso tempo possegga effettivamente il talento e il potenziale necessario per essere un buono scrittore.
Molti desiderano pubblicare, come sempre del resto. A differenza di anni fa però, anni in cui l’autore aveva un’esigenza comunicativa e l’editore sceglieva con attenzione i libri, oggi le persone sanno che per essere pubblicate basta pagare e quindi non è un’operazione difficile in sé, sempre ammesso d’aver denari. Difficile è farsi notare, è emergere dalla massa informe di titoli e volumi che affollano le librerie. Difficile è superare le pubblicità televisive “faziane” che permettono di arrivare in moltissime case. Chi scrive oggi, se vuole superare, appunto, queste pubblicità più o meno prezzolate, deve lavorare con la sola forza della buona scrittura. È meglio avere una storia semplice ma scritta bene al posto di una mirabolante trama scritta con parti meno nobili del corpo umano. Potrei citare moltissimi nomi di presunti scrittori che hanno pubblicato con case ritenute importanti e poi spariti nel nulla. Sostituiti da altri che hanno fatto e faranno ben presto la medesima fine. Insegno tutto questo e spiego alle persone che frequentano i miei laboratori che occorre impegnarsi, scrivere, riscrivere e riscrivere ancora, tenere tutto sotto controllo. Non sottovalutare nulla, osservare attentamente quello che ci circonda, fornire al lettore ciò che serve e evitare di riempire le pagine di passaggi o descrizioni ininfluenti ai fini della narrazione. Operazione complessa. Molti partono pieni di entusiasmo, ma poi, di fronte all’evidenza degli errori e al compito della riscrittura, si arenano, si demotivano e vanno a cercare un altro corso, magari acquerello, magari cucina, magari taglio e cucito. Costoro impiegano il tempo in un laboratorio o in un altro e manca la reale passione. Chi rimane è perché vuole imparare e migliorare; posso affermare che tante persone sono diventate sempre più consapevoli, capaci e comunicative. Chi se ne va, si rende conto di quanto sia difficile scrivere e di fronte alle difficoltà è solo la motivazione determinata che fa una parte della differenza.
- I tuoi corsi non si basano esclusivamente sulla scrittura, ma anche sulla lettura consapevole. Quali sono, secondo te, i passi fondamentali per diventare un lettore consapevole quando manca un background di studio approfondito nel campo della letteratura? Essere lettori è un requisito imprescindibile per essere scrittori?
Per tornare ad essere lettori consapevoli occorre per forza farsi dare un aiuto da un laboratorio e non parlo pro domo mea, ma per il bene della buona letteratura perché in circolazione ci sono troppi libri pessimi; nessuno, soprattutto se detti pessimi libri sono stati candidati a un premio o l’hanno vinto, si permetterebbe mai di dire che sono incomprensibili oppure orribili. Io, testi alla mano, faccio cogliere alle persone ciò che non funziona e perché; in genere tutti, sin da subito, riflettono e pian piano tornano a essere consapevoli e capaci di scegliere i libri che desiderano veramente leggere. In genere uno scrittore è anche un buon lettore.
- Una tecnica, un consiglio o un esercizio per superare il blocco dello scrittore?
Per il blocco dello scrittore? Flusso di coscienza. Scrivere a ruota libera, senza freni per 15 minuti. Qualcosa di buono salta sempre fuori. La buona letteratura deve: o insegnarci qualcosa di cui non eravamo a conoscenza oppure può raccontare ciò che sappiamo ma che, attraverso la lettura, condividiamo. Se non avviene una di tali dinamiche, l’operazione è nulla. Abbiamo solo perso tempo e denaro.