Recensione di Simona Comi.
10, 12 , 13 donne, oppure 14 se metto in conto me stessa, o forse 20 se penso alle donne che mi sono venute in mente attraverso le storie delle protagoniste del romanzo.
Ad ognuna di loro viene dedicato un capitolo anzi, sono loro stesse a raccontarsi e a parlare di ambizioni, famiglie, bellezza, mariti e relazioni. Mentre noi leggiamo e stiamo ad ascoltare come se partecipassimo alla seduta, mettiamo a confronto le nostre vite e il nostro modo di affrontarle, siamo compassionevoli o intolleranti, ci immedesimiamo nel vissuto di una donna e critichiamo il modo di agire di un’altra o di noi stesse.
I modi di essere donna delle pazienti di Natasha rappresentano solo alcune delle infinite possibilità, e ogni singola donna, noi comprese, ne rappresenta da sola, infiniti altri.
Lo stesso giorno in cui ho finito di leggere Dieci donne, mi è capitato di guardare un documentario della storica dell’arte Amanda Vickery, L’altra metà dell’arte, che raccontava di come le donne si siano fatte strada e abbiano compiuto, grazie al loro coraggio, piccole rivoluzioni artistico-culturali di cui tutte noi oggi beneficiamo senza quasi accorgercene.
Secondo la Vickery, il filo conduttore di quelle vicende umane reali, era il coraggio, che è lo stesso concetto chiave del romanzo di Marcela Serrano e, nel mio piccolo, della mia vita.
Il coraggio di vivere secondo le nostre inclinazioni o il coraggio di rifiutarle, il coraggio di restare da sole o di costruire una famiglia, il coraggio di lasciarsi guidare dai propri desideri e di cambiare le dimensioni della nostra esistenza.
VOTO: