Ne Manuale di pittura e calligrafia di José Saramago, un pittore decide di raccontarsi, forse più a se stesso che a gli altri, usando parole al posto dei colori. Dalle loro infinite combinazioni scopriamo la vita di quest’ uomo, ritrattista di professione impegnato nella cattiva pittura ammirata da occhi paganti, amante scostante di donne poco amate e amico distratto, occupato con se stesso e con le sue inquietudini snocciolate in flussi di coscienza diretti magistralmente in prima persona dalla penna elegante e semplice e dalla scarna punteggiatura di Saramago. Perché ogni cosa parla di noi, dal modo di camminare al modo di sistemarsi i capelli, da ciò che leggiamo a ciò che non diciamo, tenendolo per noi. Non è soltanto la storia di uomo, è quella di una condizione di un posto in questo mondo e di una lotta per sudarselo e ottenerlo ma questo il nostro protagonista non lo sa, lo scopre quando incontra lei, M. , donna militante legata al partito, ma soprattutto all’amore per un’idea ben più grande di lei a cui dedica una vita: gli arresti, le lotte, i volantini e infine il golpe e finalmente l’amore, quello vero.
E finalmente oggi, dico che M. mi interessa.
M. mi interessa perché ho trascorso ben sei ore a parlare con lei e non mi sono stancato ne ho desiderato il silenzio. M. mi interessa perché ha un modo di parlare in linea retta, un modo di parlare che non aggira gli angoli, che attraversa i muri e la resistenza della pelle o le prudenti riserve mentali. M. mi interessa perché è una bella donna e perché è intelligente. Vent’anni fa avrei scritto subito amore là dove adesso metto interesse. Con l’età impariamo a badare alle parole. Le usiamo male, le indossiamo al diritto e al rovescio, senza guardare, e un giorno le ritroviamo logore come un vestito vecchio e ce ne vergogniamo.
VOTO: