Recensione di Simona Comi.
Nino Spirlì, da poco tempo tornato nella sua amata terra d’origine, è uno scrittore, sceneggiatore e giornalista calabrese. Dopo anni di esperienza lavorativa in televisione (ben 17) come autore di format tv quali “Forum” e “La fattoria”, viene contattato nel 1990 dal Centre Dramatique National Theatre du Campagnol di Parigi, in occasione del bicentenario della morte di Carlo Goldoni, per tenere delle lezioni sullo stesso commediografo e su Luigi Pirandello, una collaborazione lunga sei anni.
La passione per il teatro, l’impegno politico e sociale, sfociano nel progetto Mafia No, che affiancondosi alle associazioni antimafia opera per diffondere un nuovo punto di vista che modifichi lentamente la mentalità (spesso nemmeno consapevole) di chi vive in luogo in cui la mafia risiede anche nelle piccole cose. Spirlì commenta: «Mafia No è non parcheggiare in doppia fila, rispettare le code, non gettare rifiuti a terra», essere più tolleranti nei confronti del “diverso” da noi nel rispetto dei diritti umani. L’obiettivo è quello di sensibilizzare e sconfiggere la mafia intesa anche come fenomeno culturale e di costume.
Parte integrante del progetto e summa delle esperienze lavorative è il cortometraggio Pirandellodrag, prodotto e girato nella provincia di Reggio: «PirandelloDrag nasce per il teatro nell’aprile 2011. Il testo, ispirato alla novella “La morte addosso” di Luigi Pirandello, racconta l’incontro di due “ombre della notte”, due uomini in costumi femminili, che, drammaticamente costretti al matrimonio, fuggono dalla prigione sociale della bugia di comodo per ritrovarsi solidali nelle umane disperazioni. Due matrimoni infelici, due destini straziati» raccontava Spirlì alla nostra collaboratrice Valeria Bellantoni nell’agosto del 2013.
Il 2011 si rivela un anno particolarmente proficuo per l’artista perché vede anche la nascita del suo primo libro, scritto in sole tre settimane e mezzo, “Diario di una vecchia checca”, presentato per la 152° volta al caffè letterario Malavenda Cafè di Reggio Calabria.
Il Diario è una raccolta di appunti e note scritte dall’autore durante il suo percorso di vita, specie degli ultimi trent’anni, ovvero dal momento della scoperta della sua omosessualità e del suo coming out fino alla piena consapevolezza del proprio io. Attraversando varie fasi dell’esistenza, comprese le crisi degli –enta, e degli -anta, il lettore vede crescere Nino Spirlì nell’approccio alla vita e nel linguaggio, crudo e aggressivo durante i ventanni, di poco addolcito ma certamente più riflessivo dai trenta/quaranta in poi.
La forma è propria quella di un diario con date e luoghi, con pagine bianche o con poche ma potenti riflessioni, o ricche di dettagli, di punti esclamativi e di entusiasmo. A volte anche banale, il Diario di Nino Spirlì colpisce per il suo essere straordinariamente ordinario e per la verità che trasuda da ogni pagina è che è stata palpabile durante la presentazione del libro vista la commozione dell’autore dopo la lettura di alcuni estratti.
Lo scrittore ha spiazzato e coinvolto il pubblico con il suo noto punto di vista anti-gaypride, la sua schiettezza «Chiamatemi meglio ricchione e frocio, ma non chiamatemi gay», con la sua grinta e il suo rifiuto delle etichette e delle categorizzazioni: «Sono omosessuale, quanto sono calabrese, robusto, cinquantenne, barbuto, autore, presbite, astigmatico, onnivoro, e un milione e mezzo di altre cose», scrive nel suo blog “I pensieri di una vecchia checca”.
Durante la chiacchierata si sono affrontati i temi dell’amore, quello verso i propri genitori che gli hanno permesso di vivere la vita in piena libertà, verso il proprio compagno, dell’amore per l’arte, e dell’amore che continua a vivere in maniera esponenziale dopo una morte, come quella del padre («Sono vedovo di mio padre», continua a ripetere Spirlì) o che assume un’altra forma, come quella della violenza.
Durante il racconto dello stupro subito è calato il silenzio, tutto il pubblico era intento ad ascoltare la storia di un uomo che subisce un’aggressione che lo ha lasciato quasi in fin di vita, un’altra faccia di quel femminicidio di cui siamo tristemente abituati a sentir parlare. E poi di nuova la forza di una grande personalità «Soffro. Soffro, ma reagisco», che oltre i grandi dolori e nonostante domande e dubbi, continua ad essere fortemente credente «Io e dio abbiamo fatto a pugni, mi sono incazzato con dio ma poi abbiamo fatto la pace. Come nelle storie d’amore, si litiga per avere una scusa in più per trombare».
La fine dell’incontro con Nino Spirlì, irriverente ed ironico, e l’ultima pagina del suo libro, romanticamente spietato, hanno regalato le stesse sensazioni: complicità, sollievo da quel gravoso compito di “dover” apparire e la bellezza dell’essere se stessi perché, afferma l’autore, «non bisogna essere coraggiosi per essere normali».
Articolo scritto per Calabriaonweb sull’incontro con Nino Spirlì al Malavenda Café di Reggio Calabria.