La magia dell’imparare un idioma straniero risiede anche nello scoprire parole che da sole definiscono concetti smisurati ed imprevedibili, e che nella nostra lingua materna richiederebbero una perifrasi meno incisiva o suggestiva.
In alcuni vocaboli sembra nascondersi l’essenza di una cultura e di una società, il rapporto di essa con l’amore, con la natura, con la vita nelle sue mille sfaccettature, tanto che un abitante della Groenlandia vi descriverà la caduta di soffici fiocchi di neve come quanipaalat.
Qualche giorno fa in uno dei miei infiniti raid domenicali in libreria mi sono imbattuta in Lost in Translation, un delizioso libretto in cui la giovane traduttrice ed illustratrice Ella Frances Sanders, edito da Marcos y Marcos, propone una selezione di 50 parole evocative ed intraducibili. Parole che, solitarie, riescono ad esprimere esperienze ed emozioni complesse, o disegnare la personalità di un individuo e le sue strane abitudini (acquistare libri in modo compulsivo senza leggerli in giapponese si dice tsundoku… sono sicura che tra di voi ci sia qualche colpevole!).
Consiglio questo piccolo gioiello a tutti quelli che spesso guardano il mondo pensando che “non ci siano parole per descrivere…” così che possano ricredersi.
Grazie a Lost in Translation d’ora in poi, quando appena prima di partire per un nuovo eccitante viaggio sentirò una leggera tachicardia causata dall’ansia e dall’aspettativa, saprò che sto provando resfeber.